LeAssassine abitano qui

Maria Palazzesi incontra l’editrice Tiziana Elsa Prina

 

 

LeAssassine, una casa editrice giovane che si inserisce in un filone di scrittura e lettura tra i più consolidati al mondo ma con una peculiarità che fa la differenza: punta sulle autrici. Da cosa nasce questa scelta “singolare”?
La scelta del filone è nata dal desiderio di proporre storie che offrono suspense, ma nello tempo stesso non si limitano allo schema consolidato delitto-investigazione- risoluzione del caso. A noi piaceva che ci fosse anche uno spaccato della vita del Paese da cui vengono le nostre autrici. Già, Edizioni Le Assassine pubblica solo scrittrici, di ieri e di oggi. Le ragioni di questa scelta sono molteplici. Una, del tutto personale, è legata alla mia storia, nella quale il femminismo ha avuto una parte. Poi c’è stata l’idea di valorizzare le gialliste. Una volta Camilleri dichiarò che le donne non sanno scrivere gialli, io invece concordo con quanto afferma Val Mc Dermid, ovvero che le donne hanno il diritto di scrivere ciò che più spesso subiscono, e lo fanno egregiamente. Trovo inoltre che le scrittrici hanno in genere una sensibilità e uno spirito di osservazione molto sviluppato, mentre negli scrittori emerge maggiormente l’azione. E non dimentichiamo che a volte la penna delle autrici è intinta nel curaro (ciò che si cerca spesso in una crime story!), quasi fosse un bisogno di esprimere nella scrittura quel disagio sociale e personale che per mille ragioni le donne affrontano e non sempre sono in grado di eliminare.

Che tipo di accoglienza in termini d’interesse da parte di chi legge vi aspettavate, e quale avete riscontrato nella realtà del fare a tre anni dalla vostra nascita?
Per ora i nostri libri sono sempre stati accolti bene ed abbiamo raccolto diverse menzioni, per esempio al Festival Giallo Garda, siamo state invitate a Urbinoir, manifestazione organizzata dall’Università di Urbino, e non sono mancate molte recensioni che ci hanno riscaldato il cuore. Certo farsi conoscere in modo più ampio è un lavoro difficile, reso ancora più complicato da questa pandemia, che ha bloccato iniziative già avviate.

Si tratta di un pubblico di nicchia? Da chi è composto?
Chi ama la letteratura gialla è senz’altro attirato dalle nostre pubblicazioni; noi vorremmo però rendere più chiaro che talvolta l’episodio criminoso narrato è un pretesto per riflettere su altri modi di pensare e di vivere. Le donne sono le nostre lettrici forti, ma con sorpresa abbiamo visto che anche gli uomini tra i 30 e 50 amano il genere e ci seguono.

Che attenzione avete registrato da parte del mondo del mondo dell’informazione? In altri termini: quanto sono recensite le “gialliste” in genere? Quanto le vostre autrici? Esiste e qual è la differenza tra l’attenzione riservata agli autori e quella dedicata alle autrici del settore?
Direi che le gialliste in genere sono meno recensite dei loro colleghi maschi. Ho sempre in mente la frase di una nostra scrittrice canadese che mi diceva: “fatto cento e un libro, lo scrittore riceverà il 75% di recensioni e la scrittrice 25%”. Penso che sia ancora così, fatto salvo alcuni casi eclatanti. Comunque di recensioni ne riceviamo; l’ultima, che ci ha fatto molto piacere, era sulle pagine culturali de Il Sole24ore.

La vostra proposta editoriale si organizza intorno a due collane: Vintage e Oltreconfine. Puoi dircene qualcosa?
La collana Vintage pubblica autrici che sono vissute prima, durante o dopo il regno della Queen del giallo ovvero Agatha Christie. Con questa collana stiamo facendo un po’ la ricostruzione del giallo al femminile (che tra l’altro parte da Ann Radcliffe e il romanzo gotico): un lavoro che ci permette anche di seguire l’evoluzione del costume e del ruolo della donna.
Con la collana Oltreconfine, pubblichiamo autrici che vivono ai quattro angoli del mondo. Donne interessanti che hanno qualcosa da dire e che non raccontano solo una storia gialla. Qualche esempio. Bahaa Trabelsi, scrittrice marocchina, con La sedia del custode ci descrive il cambiamento dell’Islam verso il fondamentalismo. Unity Dow, attualmente ministro in Botswana, ci parla di omicidi rituali, ma anche del conflitto tra sciamanesimo nelle località rurali e vita occidentalizzata nelle città. Chuah Guat Eng, malese, ci offre un affresco della Malesia attraversando tutto il secolo scorso e ci spiega anche come mai il giallo come lo intendiamo noi occidentali non ha molto senso nel suo Paese. Nela Rywikowva ci parla della sparizione di un giovane da un condominio di Ostrava, ma lo fa attraverso i personaggi che hanno vissuto prima della Rivoluzione di Velluto avvenuta in Cecoslovacchia nel 1989. E potrei continuare.

Come “scovate” le vostre autrici? tanto quelle da riscoprire di Vintage che quelle da scoprire di Oltreconfine?
Le Vintage sono frutto di un lavoro di ricerca su Internet, nelle biblioteche (i nostri libri non sono mai stati tradotti prima in italiano) e nelle riviste specializzate. I libri di Oltreconfine si scelgono sul campo, andando a fiere estere, festival. Purtroppo in questo periodo non ci possiamo muovere, ma, se anche con difficoltà, stiamo concludendo due acquisizioni, con una scrittrice iraniana e una scrittrice coreana.

Le autrici che avete proposto ad oggi sono tutte non italiane. Una scelta che sembra non casuale. A cosa è dovuta?
I motivi sono diversi. Uno caratteriale nel senso che mi piace molto viaggiare e scoprire qualcosa di diverso dal già noto. L’altro più pratico: ci sono editori stranieri che hanno già fatto una scelta e quindi noi possiamo pescare già dal meglio del loro programma. Inoltre la casa editrice è molto piccola e per lavorare su un manoscritto italiano ci vuole tempo. Per ora, naturalmente, a meno che un’autrice già affermata si faccia viva con noi.

Potresti dire che vi è, o invece no, un trait d’union tra le gialliste di ieri e quelle di oggi?
Sì, c’è, o almeno io l’ho vedo. Le scrittrici sono molto più attente al lato psicologico dei personaggi e sono anche più capaci nel caratterizzare gli ambienti.

Uno dei nodi della letteratura gialla è la messa a fuoco delle contraddizioni, tanto quelle intime, quanto quelle più dichiaratamente sociali. Ed il loro intrecciarsi. Un fatto che autrici e titoli del vostro catalogo conferma? Ovunque nel mondo allo stesso modo? Od invece rilevate differenze consistenti, e se sì, quali?
Come accennavo prima, la letteratura gialla è un modo per mettere in scena le contraddizioni del mondo in cui viviamo e naturalmente ogni scrittrice lo fa con la propria prospettiva, che proviene dal suo vissuto. C’è poi una frase di una scrittrice scozzese, Val Mc Dermid, che mi ha sempre colpito: “poiché le donne sono spesso vittime, dovremmo sostenere che proprio quelle che sperimentano più spesso la violenza sono quelle che non ne devono scrivere?” Ecco anche attraverso questo genere si può denunciare una situazione di oppressione.

A Feminism 2021 portate Scelte sbagliate della scrittrice catalana Susana Hernandez. Vuoi anticiparcene qualcosa?
Innanzitutto voglio dire che il libro ha vinto il premio Cubelles noir per il miglior romanzo noir in catalano nel 2018 ed è stato finalista al premio Valencia Negra, sempre nel 2018. Noi lo abbiamo tradotto e pubblicato, grazie al parziale sostegno dell’Istituto di lingua e cultura catalana.
Vi faccio qui un breve riassunto.
In una piccola località della Catalogna rurale, Axel, primogenito di una famiglia facoltosa, e sua moglie Lisa attraversano un periodo di ristrettezze economiche. Per uscire dall’impasse, la coppia pianifica il rapimento del nipotino Joel. In teoria, un sequestro rapido e facile, da cui tutti sarebbero dovuti uscire indenni. Ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Con questo libro l’autrice ha voluto “esplorare le miserie nascoste nelle relazioni familiari e di coppia. Tutto ciò di cui ci vergogniamo e che occultiamo sotto il tappeto: le menzogne, il rancore, l’invidia, la slealtà”. Un romanzo noir che indaga e mette in discussione stereotipi sociali e sessuali.

 

Domenica 18 Aprile ore 19
LE ASSASSINE
Susana Hernandez, Scelte sbagliate
Con l’autrice inervengono Laura Mongiardo, traduttrice del testo, e Tiziana Elsa Prina, editrice

Articolo di Maria Palazzesi

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