UN BANDO DI DONNE PER DONNE. IL PREMIO DI SCRITTURA FEMMINILE “IL PAESE DELLE DONNE”

Dialogo di Maria Palazzesi con Maria Paola Fiorensoli, giornalista, storica, attivista. Presidente dell’Associazione culturale e per l’informazione “Il Paese delle donne”

Da 21 anni l’Associazione Il Paese delle Donne promuove un premio di scrittura femminile
per Case editrici e per Autrici. Un tempo lungo che consente un bilancio complessivo
consistente, e molto interessante per una manifestazione come Feminism. Quale la tua
valutazione complessiva?
Il Premio è per noi un valore aggiunto che fonda reciprocità sia verso le Autrici, i loro ambiti
di interesse, le Case editrici, che verso le nostre altre attività culturali e giornalistiche,
sfociando sovente in co-azioni iscritte nelle politiche e nell’informazione di genere.
Incoraggiamo le partecipanti, indipendentemente dalla graduatoria, a continuare a
esprimersi e promuoviamo, recensiamo, gran parte del materiale in concorso.
Quali i cambiamenti più consistenti, se ci sono stati, che emergono dalla storia del Premio,
dalla risposta di autrici e case editrici, dai testi che vi sono stati proposti?
Il Premio risente poco del mercato poiché ci arrivano spesso opere prime o tesi pubblicate;
comunque volumi, tranne eccezioni, a bassa o limitata tiratura anche se prodotte da nomi
noti, università, musei e altri enti.
Nel tempo, è aumentato il materiale novellistico, diaristico e autobiografico (specie
memorie partigiane e percorsi femministi); nella saggistica c’è una crescente attenzione al
genere, all’emigrazione/immigrazione, al lavoro e alla scuola, alla storia, con ampio
recupero biografico e molta cura nelle bibliografie e sitografie. Nella poesia, una produzione
antologica, inizialmente esclusa. Nelle arti visive, una ricerca accurata e critica.
Nel testo del bando si legge che possono concorrere “autrici senza limiti di età, cittadinanza,
residenza e titolo di studio”. Una dizione che sottolinea una scelta non casuale.
L’intento è di valorizzare e diffondere la produzione letteraria e intellettuale delle donne.
Si accettano anche opere fuori edizione o senza una rete di diffusione perché possono avere
contenuti importanti. Facciamo a malincuore graduatorie, data la costante buona qualità del
materiale.
Chi sono le autrici che rispondono?
In maggioranza, sono donne fuori dai nostri circuiti: attiviste, ricercatrici, bibliotecarie,
archiviste, docenti, professore e maestre anche in pensione, giornaliste. Pochi i nomi già

affermati. Rimane percepito come un Premio gratificante e non istituzionale. Molte le firme
“giovani” anche in narrativa e saggistica.
E le Case editrici?
Concorrono ogni anno grandi, piccole o piccolissime case editrici, specie se a conduzione
femminile o femminista, che propongono anche opere prime di collane in fieri.
Una delle caratteristiche, è l’invio di materiale fuori concorso che si prolunga nel tempo, per
recensione, alimentando i nostri fondi bibliotecari e cogliendo un’altra finalità del Premio.
Il premio individua una serie di sezioni alle quali si può scegliere di concorrere. Puoi
parlarcene brevemente?
Il premio è nato in un momento in cui giungevano in redazione libri di grande spessore e lo
stesso accadeva nell’Università, con incremento delle tesi sul protagonismo femminile, sul
genere e sull’attualità.
Con Fiorenza Taricone, abbiamo pensato a un Premio che desse pari valore a tutta la
produzione intellettuale delle donne, qualsiasi età e formazione, ed essendoci nella Casa
internazionale delle donne già il Premio Donna e Poesia – il primo in Italia per poete – ci
siamo unite nell’offerta, mantenendo le due identità.
Altrettanto importante è stato aprire, con l’associazione il Tempo e lo Sguardo, la sezione
Arti Visive.
Quest’anno esordisce la narrativa d’infanzia. Voglio ricordare anche la sezione
“sceneggiatura” con referente Lina Mangiacapre, non più riproposta.
Chi sono le persone chiamate a far parte della Giuria? Come e perché vengono scelte?
La Giuria è un tipico luogo femminista, con le sue autonomie, le sue appartenenze
trasversali. È aperta al cambiamento e pratica l’autoproposizione. Non inseguiamo nomi,
piuttosto sono le pratiche a unirci a referenti di associazioni coagenti con la nostra. La
longevità dice qualità e merito della Giuria; la graduatoria è frutto di un lavoro condiviso.
La premiazione avviene durante una giornata speciale che consente non solo di “rendere
omaggio” ma anche di far incontrare le tante protagoniste tra di loro e con un pubblico
sempre numeroso. Lo scorso anno questo non è stato reso possibile dalla pandemia. Che
esperienza è nata dall’obbligo al non “stare in presenza”?
Abbiamo organizzato un meeting offrendo spunti di riflessione sui temi trattati dalle opere
vincenti. Aspettiamo il bel momento di recensire in presenza e consegnare i premi realizzati
dalla Cooperativa Magazzino. Speriamo nell’estate o in una doppia premiazione a
novembre.

Ritieni che la situazione pandemica abbia avuto/abbia un’influenza sulla scrittura, e sulla
scrittura delle donne in particolare? Sulla loro creatività, le riflessioni, la traduzione in parole
scritte?
La percezione, più che l’esperienza dell’isolamento, ha prodotto molte autobiografie,
sovente accompagnate da disegni o poesie, spesso ironiche. Si è moltiplicata la diaristica e la
raccolta antologica, la tematica scientifica, specie sulla pandemia. Sembra che il silenzio
coatto, in presenza, abbia prodotto una cacofonia in assenza.
Avete voluto dedicare il premio a Maria Teresa Guerriero, in arte Maité. Chi era Maité?
Maité fu definita “tessistrice di speranze” da Silvana Turco nell’opuscolo dedicatole
dall’Associazione Internazionale Artisti (Aia). Artista e insegnante d’arte a Santiago (Cile),
attivista per i diritti umani, delle donne e per la pace, diventò, con il colpo di stato di
Pinochet, una rifugiata politica. Esilio, separazione dalla figlia e da altri affetti, povertà,
nomadismo lavorativo tra Italia e Stati Uniti, malattia, non ne affievolirono gli ideali e le
pratiche anche verso la sua comunità buddista. Un esempio della sua arte,
drammaticamente dinamica, realizzata con materiali misti e poveri e colori naturali, è la
grande tela con tessuto di lana, “il caminetto” che in un giorno freddissimo d’occupazione,
al Buon Pastore, portò nella nostra/sua redazione, per “scaldarci”. Oggi l’opera adorna la
Sala Carla Lonzi in cui tenevamo che fosse per il simbolico che l’accompagna in un locale, già
sala di lavoro di un penitenziario femminile che anche il suo sorriso e il suo sguardo hanno
riscattato.
Nominare è importante. Il Paese delle Donne vuole ricordare tramite il Premio anche Franca
Fraboni e Marina Pivetta. Due donne importanti per l’associazione, per il femminismo.
Marina Pivetta è stata l’ideatrice, il fulcro, il legame relazionale, la madre-maestra della
nostra esperienza giornalistica e politica e la Direttora responsabile delle due testate
(cartacea e on line). Un percorso, una sfida iniziata con le pagine autogestite in Paese Sera
(fine 1984), e poi edite in proprio dall’Associazione culturale e per l’informazione Il Paese
delle Donne (1987). Femminista, giornalista professionista, è stata una protagonista di tante
battaglie di movimento ed ha attraversato diverse realtà (es. Rai, Udi, Governo Vecchio,
Buon Pastore).
Franca Fraboni, è stata il pilastro amministrativo della nostra più che trentennale esperienza
associativa. Il loro amicale sodalizio, allargato alle famiglie e alle amicizie, ha segnato
positivamente molte vite, permesso di acquisire il libretto a più di 200 giornaliste
pubbliciste, e garantito, con costante fiducia e impegno, la longevità del Paese, specie nei
momenti bui degli scoramenti e abbandoni.
E non possiamo lasciarci senza che prima tu ci consegni alcune parole su Il Paese delle
Donne. Associazione storica e vitalissima di cui tu stessa sei una delle animatrici.

ll Paese delle donne, la cui associazione culturale, editoriale e per l’informazione presiedo da
molti anni, ha sede legale nella Casa internazionale delle donne. È un luogo femminista,
accogliente ma esigente.
Vi entrai nel 1986, su invito di Marina con cui partecipavo al Gruppo 9 Marzo (referente
Chiara Ingrao), dov’era altra redattrice, Anna Piccioni. Detti il mio contributo alla nascita de
Il Foglio de il Paese delle donne (Foglio rosa), in carta riciclata, editato dal Paese in proprio
(1987), settimanalmente, per vent’anni, diventato poi quindicinale e a periodicità variabile.
Altre attività: trasmissioni in emittenti televisive e radio; apertura, nel 1995, con Cristina
Papa, di un Sito e giornale on line (attuale Direttora responsabile, Patrizia Melluso);
convegni, promozione libraria, seminari, mostre; Premio (co-presieduto con Fiorenza
Taricone).
L’associazione è co-fondatrice di Affi e di Archivia; ha due Fondi bibliotecari e archivistici
presso Archivia e l’Università di Cassino; collabora con varie associazioni di donne; è socia
Alef.
Abbiamo davanti un percorso che affrontiamo con speranza, tenendo ben strette
esperienza e finalità e ricordi.
Ringrazio tutte le socie e Voi per l’apprezzamento e lo spazio in Feminism.

Bando su paesedelledonne-online-rivista; paesedelledonne@libero.it

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